Malattie cardiache, il burnout riconosciuto come fattore di rischio. E Consulcesi attiva uno sportello gratuito per consulenze legali

Arriva il riconoscimento anche in sede legale per le vittime del “burnout”, malessere sempre più diffuso e causato dallo stress per un eccessivo carico di lavoro. Dall’organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è giunta la conferma: la sindrome del burnout colpisce in misura maggiore le figure professionali impegnate nelle “helping profession”, con un’incidenza crescente tra i medici e gli operatori professionali. Secondo i dati forniti dallo European General Practice Research Network, i medici italiani (9 su 10, stando alle statistiche) sono le vittime principali della sindrome del burnout. A confermare i numeri dell’OMS, arriva una ricerca americana portata avanti dallo European Society of Calrdiology (Esc), che ha studiato 11000 soggetti sottoposti al rischio della sindrome per 25 anni. Lo studio ha evidenziato una correlazione tra il burnout e le malattie del cuore, per cui esiste il 20% di rischio di sviluppare la fibrillazione atriale. La ricerca ha messo in luce che il burnout provoca anche alterazioni del ritmo cardiaco, causando aritmie, ictus, infarti, il più delle volte con conseguenze mortali per le vittime. 

Il malessere da burnout può avere effetti anche sulla psiche dell’individuo, oltre che sul fisico. Il pool legale Consulcesi, da molto tempo punto di riferimento per le risorse umane impegnate nel settore medico e sanitario, mostra il suo compiacimento per il riconoscimento della sindrome di burnout in sede legale: “Questo è un risultato molto importante, che apre le porte a nuove iniziative giudiziarie e alla possibilità di ottenere il risarcimento del danno, qualora sia comprovato un nesso causale tra la sindrome del burnout e le sue conseguenze e una condotta datoriale in violazione dei precetti previsti per la sicurezza in ambito lavorativo”. Le recenti pronunce che hanno portato alle sentenze 1452/2018 e 597/2019 hanno fornito risultati incoraggianti e consentito ai lavoratori di ottenere il riconoscimento per il danno subito da eccessivo stress sul lavoro. Le sentenze, infatti, hanno anche evidenziato le responsabilità dei datori di lavoro, come una delle cause scatenanti del malessere da stress lavorativo. La sindrome del burnout è causata soprattutto dalla mancanza del personale, dai turni eccessivamente lunghi e dagli eccessivi carichi di lavoro. Depressione, dipendenza da alcool e suicidio sono le conseguenze più frequenti del burnout. Pertanto, al fine di proteggere i diritti di medici e di operatori sanitari, il pool legale Consulcesi ha messo a disposizione degli utenti uno sportello di consulenza legale. Il servizio è completamente gratuito; offre una valutazione medico – legale per chiarire i dubbi e soddisfare le domande degli operatori sanitari, che hanno sospetto di essere vittime di burnout e vogliono vedere riconosciuti i propri diritti. Consulcesi, allora, ha istituito un numero verde, 800.122.777, anche se le domande possono essere inoltrate attraverso il sito www.consulcesi.it. Il burnout si manifesta più frequentemente nei professionisti che lavorano nel campo delle “helping profession”, le cosiddette professioni di aiuto, in modo particolare medici, personale sanitario, insegnanti, avvocati e poliziotti. Depersonalizzazione, stanchezza cronica, cinismo, sensazione di perdita di senso nei confronti del proprio lavoro sono i primi campanelli di allarme, che indicano i primi esordi della sindrome del burnout. Riconoscere e segnalare  la sindrome da burnout e le sue conseguenze diventa fondamentale per poter prendere coscienza della propria situazione, agendo poi per via legale. La sindrome da burnout è causata principalmente da tre fattori scatenanti: 1. Orari troppo prolungati e carichi di lavoro eccessivamente gravosi: giornate di lavoro lunghe e troppo lavoro, soprattutto nel corso della notte, hanno come conseguenze risultati cognitivi, paragonabili a quelle ottenute con un tasso alcolemico pari allo 0,4 – 0,5%. Aumenta il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, un peggioramento delle prestazioni cognitive ed un incremento del rischio clinico. Il 34% dei medici ha affermato che lavorare per lunghe ore è insostenibile; 2. Scarso ricambio tra il personale: l’aumento dei reparti e l’incremento del numero di pazienti da gestire per carenze del personale, uniti alle inefficienze nella coordinazione e gestione dell’intero sistema, portano i professionisti a dover sopportare un eccessivo carico di stress; 3. Aumento degli incarichi burocratici: il medico ha sempre più compiti da gestire, che vanno oltre la presa in carico dei pazienti. Le pratiche burocratiche assorbono molte energie e tempo degli operatori sanitari. Il 59% dei medici vede in modo negativo l’espletamento e l’incremento delle pratiche amministrative da dover portare avanti; 4. Aspettative di salute: i pazienti nutrono aspettative spesso esagerate ed esasperate, incoraggiate dalle false informazioni reperite sul web. Le denunce a carico dei medici per eventuali casi di malasanità sono in costante aumento. Il fenomeno costringe il medico a mettere in atto pratiche di medicina legale, che hanno conseguenze importanti sul corretto e sereno svolgimento della sua attività professionale.