Riscatto agevolato degli anni di studio, boom di richieste da parte dei medici al pool legale Consulcesi

Nonostante il deficit di medici nelle struttura sanitarie e la necessità di trattenere i camici bianchi tra le corsie degli ospedali fino a 70 anni, gli interessati sembrano avere aspirazioni diverse. Dopo le tante novità introdotte dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sanitaria, il pool legale Consulcesi & Partners, da anni punto di riferimento e sostegno per medici e personale sanitario, ha fatto registrare un picco di richieste in pochissimi giorni da parte di un elevato numero di medici. Infatti, questi ultimi hanno richiesto il supporto legale del team Consulcesi al fine di avviare la procedura di riscatto degli anni della laurea in Medicina e di quelli della specializzazione post laurea. Il riscatto degli anni della laurea è sottoposto ad una legislazione che potrebbe agevolare medici ed operatori sanitari nella pianificazione di un ritiro dalla professione in tempi adeguati e dignitosi. Inoltre, se si creassero le giuste condizioni, le nuove norme per il riscatto degli anni universitari potrebbero aiutare medici ed operatori sanitari ad accedere alla pensione anticipata. L’INPS ha diffuso, infatti, la circolare numero 6 del 22 gennaio 2020, nella quale ha previsto la presenza di un numero maggiore di beneficiari del riscatto degli anni della laurea, includendovi quelli che hanno conseguito il titolo prima o a cavallo del 1996, senza il limite d’età, prima fissato a 45 anni. Dunque, il beneficio derivato dal riscatto degli anni universitari diventa fondamentale per il professionista che desidera portare avanti una carriera lunga nel campo medico e che, allo stesso tempo, voglia ritirarsi dal lavoro prima dei 70 anni. Il riscatto degli anni universitari e della specializzazione post laurea diventa condizione possibile se si versa un contributo pari a 5260 euro per ogni anno. Hanno accesso al beneficio anche coloro che hanno conseguito il titolo prima del 1996, purché si realizzino le seguenti condizioni: meno di 18 anni di contributi versati prima del 31/12/1995; almeno 15 anni di contributi versati quando si presenta la domanda di riscatto; almeno 5 anni di contributi versati dopo il 1996 attraverso il sistema contributivo. L’INPS ha poi affermato che il diritto al riscatto agevolato potrà essere avanzato anche in contemporanea alla presentazione della domanda di pensione, qualora si realizzi una pensione anticipata, per cui sarà necessario un ricalcolo contributivo indiretto dell’assegno. Il calcolo contributivo per la pensione è irrevocabile se tale opzione è stata messa in pratica al momento del pensionamento e nel corso dell’attività professionale, quando realizza effetti sostanziali. Il pagamento potrà essere realizzato in un’unica soluzione o procrastinato fino a 120 rate dal carattere mensile. Il lavoratore che desideri accedere al sistema di riscatto agevolato e voglia inserire gli anni di studio precedenti al 1996 deve prediligere la liquidazione dell’assegnazione della pensione attraverso il metodo contributivo. La procedura si potrà realizzare mediante i versamenti in misura fissa, senza prestare attenzione al livello di reddito o allo stato occupazionale. In questo modo, infatti, si potrà procedere con la copertura degli anni scoperti da contribuzione, ma solo nel diritto e non nella misura. Il sistema di pensione ha assunto carattere retributivo solo fino al 31 dicembre 1995, poiché in seguito ha assunto un carattere contributivo. Pertanto, gli anni di studio portati avanti prima del 1996 e che si desidera riscattare verranno considerati dall’INPS ai fini pensionistici all’interno del regime contributivo, ma solo in deroga al sistema di calcolo tradizionale. La circolare pubblicata dal pool legale Conculcesi, poi, riserva una particolare attenzione alle lavoratrici, che siano in possesso dei requisiti per l’accesso anticipato alla pensione, grazie all’opzione donna. Anche questa possibilità prevede la conversione del metodo contributivo. Le dipendenti che siano in possesso dell’adeguato requisito anagrafico per accedere al pensionamento con l’Opzione Donna (59 anni per le lavoratrici autonome, 58 per quelle dipendenti), possono accrescere l’altro requisito richiesto dei 35 anni di anzianità contributiva, eventualmente non ancora raggiunto, usufruendo del riscatto di laurea in forma agevolata calcolato con il metodo a percentuale.

Relazione sull’Amministrazione della Giustizia 2019, pool legale Consulcesi evidenzia l’inefficacia della mediazione in tema di controversie medico – paziente

Dalla conclusione della Relazione sull’Amministrazione della Giustizia 2019, esposta in tempi recenti dal Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, è emerso che l’istituto della mediazione non porta i frutti sperati nella risoluzione delle controversie medico – paziente, in relazione alla questione della responsabilità sanitaria. Pertanto, l’istituto della mediazione è stato eliminato dalla delega del disegno di legge della riforma della giustizia civile, che Bonafede ha presentato lo scorso 5 dicembre, in seno al Consiglio dei Ministri. Nonostante questo dato sfavorevole, la relazione annuale ha mostrato comunque un significativo calo dei processi civili in corso di fronte agli organi di giustizia, anche se resta il problema della loro eccessiva durata. Inoltre, altra criticità importante resta l’adeguatezza delle Alternative Dispute Resolution (ADR – Risoluzione Alternativa delle Controversie), soprattutto nel settore della responsabilità sanitaria. Infatti, la legge consente di avvalersi della mediazione per responsabilità medica, evitando il giudizio. La relazione mette in luce come l’istituto della mediazione permetta il raggiungimento di un accordo su questioni quali i Diritti reale, il Comodato ed i Patti di Famiglia. In tematiche come i Contratti bancari, finanziari, assicurativi ed il Risarcimento danni per responsabilità medica, invece, il raggiungimento dell’intesa è obiettivo più complesso. Dalle conclusioni della Relazione annuale sull’Amministrazione della Giustizia 2019, dunque, emerge come la causa principale che impedisce la risoluzione pacifica dei contenziosi è la mancata volontà degli attori coinvolti nel voler individuare una soluzione condivisa. Il Governo pare abbia imboccato un percorso opposto a quello indicato e preferito dall’Unione Europea che, a tal proposito, incoraggia alla messa in atto di Alternative Dispute Resolution sempre più performanti, al fine di ottenere i migliori esiti. Anche l’iter previsto dal sistema 696 bis del Codice di Procedura Civile, in tema di Accertamento Tecnico e Ispezione Giudiziale, non riesce a perseguire gli obiettivi previsti, a causa dei costi eccessivi, dei tempi lunghi, delle difficoltà emerse dal procedimento e dall’assenza della Compagnie assicurative. Il quadro si completa con il richiamo del Primo Presidente della Corte di Cassazione che, all’interno della sua relazione annuale, menziona velatamente che i decreti sulla Legge Gelli non sono stati emanati, sottolineando dunque, l’inadeguatezza e l’assenza delle istituzioni in relazione ad una questione così stringente.

“Rischio clinico e gestione del contenzioso” al centro del Convegno, promosso da Consulcesi, Sanità In – Formazione e La Sapienza

“Il Rischio clinico e la gestione del contenzioso”, questo il titolo del Convegno organizzato dall’Università La Sapienza di Roma, con il supporto del team legale Consulcesi e di Sanità In – Formazione. Nel corso dell’incontro, a proposito delle tematiche affrontate, Vittorio Fineschi, professione ordinario di Medicina Legale presso La Sapienza, ha sottolineato la necessità di individuare “criteri di gestione comuni che consentano a tutti gli ospedali di seguire il medesimo approccio, una sorta di linee guida su scala nazionale di gestione del risk management”. Tuttavia, l’obiettivo si può conseguire unicamente attraverso un confronto tra le parti interessate e “l’individuazione di modelli virtuosi nelle varie strutture ospedaliere, con l’obiettivo di crescere metodologicamente insieme”. La prima giornata del convegno ha affrontato il tema della sicurezza delle cure, diviso tra il rischio clinico da un lato e la gestione delle eventuali controversie, dall’altro. Nel corso dell’incontro, infatti, si è proceduto con lo studio delle novità che la giurisprudenza ha operato nell’ultimo periodo, in relazione alla responsabilità professionale. L’attenzione si è rivolta alla 10 sentenze della Corte di Cassazione nel settore civilistico e alla pronuncia della Cassazione a sezioni unite nel comparto penale. L’incontro ha affrontato diversi temi, dalla violazione del consenso informato, al realizzarsi di aggravamenti o infezioni, fino al nesso do causa e alle tante questioni sulla valutazione del danno. Il confronto su queste tematiche ha sottolineato quanto sia importante mettere in pratica un approccio uniforme, al fine di attuare in modo completo la legge Gelli, che suggerisce la modalità di azione e di operare nel settore. Il Professor Fineschi, a tal proposito, ha affermato: “Questi anni sono stati importanti perché ormai a distanza di due anni, stiamo creando una situazione di consenso intorno alla legge e intorno a ciò che essa dice. Chiaramente il percorso è lungo e i decreti attuativi, in tal senso, daranno un ulteriore miglioramento a questa legge”. Temi quali il rischio clinico e la sicurezza delle cure mediche sono da tempo al centro di discussioni e dibattiti. Le organizzazioni sanitarie  sono da sempre in prima linea, al fine di individuare i giusti strumenti, per incrementare la qualità e fare prevenzione nei comparti assistenziali e sanitari. Gli ultimi anni hanno fatto registrare un picco nel numero delle azioni giudiziarie, che pazienti e congiunti hanno attivato nei confronti di medici e strutture sanitarie, pubbliche o private. Le statistiche hanno mostrato come negli ultimi tempi, su 8milioni di ricoveri per anno, 320000 paziente siano stati soggetti ad errori o deficienze organizzative all’interno delle struttura ospedaliere. Le controversie nel settore hanno raggiunto i 10000 – 12000 casi a livello nazionale. È compito del Risk Management identificare e definire quali sono gli interventi da mettere in atto, al fine di individuare, coordinare e limitare i rischi nel settore sanitario, soprattutto per i professionisti che vi operano. Anche la gestione delle controversie è stato altro tema centrale del convegno. La conduzione del contenzioso finisce, per la maggior parte delle volte, in un’aula del Tribunale e, a lungo andare, questo diventa un autentico problema. L’articolo 15 della Legge Gelli prevede la nomina obbligatoria da parte del giudice di un collegio, costituito da due professionisti, in particolar modo uno specialista in medicina legale ed uno nel coarto per cui si è aperto il contenzioso. Il Professor Fineschi  ha sottolineato la funzione del Consulente Tecnico d’Ufficio, in particolar modo del Collegio Peritale. A tal proposito, ha affermato: “Bisogna andare sempre più verso una maggiore qualità nella gestione dei processi valutativi propri della fase del contenzioso, secondo il percorso indicato dalla legge Gelli. La qualità è fondamentale per essere sempre in grado di giudicare l’operato di altri medici, quindi una peer review come direbbero gli anglosassoni, una valutazione dei comportamenti tra pari: solo così il giudice avrà la migliore disamina possibile da un punto di vista scientifico per assumere la decisione più giusta e corretta rispetto al caso incriminato”. Il convegno ha affrontato anche la questione assicurativa. A tal proposito, sono state mostrate le cifre raccolte nell’ultimo periodo, che hanno messo in luce problemi e possibilità in relazione alla prospettiva delle aziende di procedere con l’ “autoritenzione”, accollandosi il rischio economico, che potrebbe sorgere dal realizzarsi da eventi infausti. In questo caso, si paventa la possibilità di rimetterlo totalmente all’assicuratore di turno o fare ricorso al sistema misto. Le conseguenze derivanti da una delle soluzioni previste potranno evidenziarsi solo nel lungo periodo, poiché si tratta di tempi ampi, a cui va aggiunti l’eventuale ruolo svolto dai decreti che verranno emessi, in tema di assicurazione dei rischi sanitari. Il convegno, dunque, ha avuto come obiettivo discutere sul tematiche  fondamentali, che richiedono condivisione, unione ed uniformità, al fine di costruire una base solida, su cui il sistema sanitario potrà fondarsi. 

CORONAVIRUS: ANNULLATA LA MARATONA DI ROMA. DA C&P CONSIGLI SU COME OTTENERE IL RIMBORSO VIAGGI

 Coronavirus, annullata la Maratona di Roma 2020. La corsa era prevista per il prossimo 29 marzo. Ma non solo. Sono tanti i voli aerei cancellati, pacchetti viaggio prenotati tempo fa dei quali non si hanno informazioni certe…in queste ore in cui molte attività del Paese sono state annullate a causa delle disposizioni particolarmente restrittive inserite nell’ultimo decreto governativo, sono tanti i cittadini in panne per il rischio di perdere i propri soldi spesi per l’acquisto di voli, treni, weekend fuoriporta e manifestazioni varie. 

Il network di tutela legale Consulcesi & Partners sta gestendo in questi giorni molte richieste di informazione di cittadini disorientati e per venire incontro alle numerose richieste ha stilato una prima serie di consigli utili.  

CHI PUO’ CHIEDERE IL RIMBORSO

Con la recente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (vd. art. 28 D.L. n. 9/2020), il Governo ha introdotto una serie di misure urgenti a favore di coloro che hanno acquistato biglietti e pacchetti viaggio, sia privatamente che con agenzie di viaggio, di cui non hanno potuto fruire per lo stato emergenziale dovuto al Coronavirus, oggi meglio descritti dall’ultimo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. 

Possono richiedere il rimborso del costo sostenuto:

1)  coloro che sono stati posti in quarantena o, comunque, risultino residenti o domiciliati nei Comuni rientranti nella “zona rossa” (all. 1 DPCM del 1/03/2020) o comunque soggetta a limitazioni;

2) coloro, sia privati che aziende, che hanno programmato qualsiasi tipologia di viaggio o trasferta, con partenza od arrivo nelle aree soggette a limitazioni;

3) coloro che, avendo prenotato viaggi o trasferte per partecipare a concorsi, eventi o manifestazioni di qualsiasi natura, hanno verificato l’annullamento degli stessi con provvedimento assunto dalle autorità competenti;

4) coloro che, avendo acquistato in Italia titolo di viaggio per destinazioni all’estero, abbiano verificato che lo sbarco in queste aree sia stato vietato con provvedimento assunto dalle autorità locali a causa dell’epidemia in corso.

Qualora, invece, non vi sia un provvedimento in tal senso, troveranno comunque applicazione le regole ordinarie previste in materia di tutele in caso di annullamento dei viaggi e/o dei pacchetti turistici.

COME CHIEDERE IL RIMBORSO

Se si verificano le condizioni previste, il cittadino dovrà inoltrare una comunicazione all’agenzia di viaggi o alla compagnia area, in cui richiede il rimborso del costo sostenuto, allegando copia del titolo di viaggio e, qualora si tratti di un evento annullato, quanto ne certifichi la prevista partecipazione.

Questa comunicazione deve essere presentata entro 30 giorni:

  • dalla cessazione del divieto imposto (quarantena, limitazione, ecc.);
  • dall’annullamento, sospensione o rinvio dell’evento programmato;
  • dalla data prevista per la partenza verso un paese in cui è stato imposto un divieto di ingresso.

Entro i successivi 15 giorni dall’effettiva ricezione della richiesta, il destinatario della domanda deve provvedere al rimborso della somma erogata, oppure all’emissione di un voucher di pari importo, che dovrà essere utilizzato entro un anno dall’emissione.

Identiche misure sono previste per coloro che, per le stesse ragioni di cui sopra, dovessero rinunciare ad un pacchetto turistico.

In questi casi, gli utenti potranno esercitare legittimamente il diritto di recesso, chiedendo la restituzione del prezzo già corrisposto, con facoltà per l’organizzatore di procedere al rimborso, offrire un pacchetto sostitutivo di pari o maggiore valore o, in alternativa, emettere un voucher annuale di pari importo. 
Per ricevere ulteriori informazioni scrivere a [email protected] o telefonare al numero verde 800.122.777.

Malattie cardiache, il burnout riconosciuto come fattore di rischio. E Consulcesi attiva uno sportello gratuito per consulenze legali

Arriva il riconoscimento anche in sede legale per le vittime del “burnout”, malessere sempre più diffuso e causato dallo stress per un eccessivo carico di lavoro. Dall’organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è giunta la conferma: la sindrome del burnout colpisce in misura maggiore le figure professionali impegnate nelle “helping profession”, con un’incidenza crescente tra i medici e gli operatori professionali. Secondo i dati forniti dallo European General Practice Research Network, i medici italiani (9 su 10, stando alle statistiche) sono le vittime principali della sindrome del burnout. A confermare i numeri dell’OMS, arriva una ricerca americana portata avanti dallo European Society of Calrdiology (Esc), che ha studiato 11000 soggetti sottoposti al rischio della sindrome per 25 anni. Lo studio ha evidenziato una correlazione tra il burnout e le malattie del cuore, per cui esiste il 20% di rischio di sviluppare la fibrillazione atriale. La ricerca ha messo in luce che il burnout provoca anche alterazioni del ritmo cardiaco, causando aritmie, ictus, infarti, il più delle volte con conseguenze mortali per le vittime. 

Il malessere da burnout può avere effetti anche sulla psiche dell’individuo, oltre che sul fisico. Il pool legale Consulcesi, da molto tempo punto di riferimento per le risorse umane impegnate nel settore medico e sanitario, mostra il suo compiacimento per il riconoscimento della sindrome di burnout in sede legale: “Questo è un risultato molto importante, che apre le porte a nuove iniziative giudiziarie e alla possibilità di ottenere il risarcimento del danno, qualora sia comprovato un nesso causale tra la sindrome del burnout e le sue conseguenze e una condotta datoriale in violazione dei precetti previsti per la sicurezza in ambito lavorativo”. Le recenti pronunce che hanno portato alle sentenze 1452/2018 e 597/2019 hanno fornito risultati incoraggianti e consentito ai lavoratori di ottenere il riconoscimento per il danno subito da eccessivo stress sul lavoro. Le sentenze, infatti, hanno anche evidenziato le responsabilità dei datori di lavoro, come una delle cause scatenanti del malessere da stress lavorativo. La sindrome del burnout è causata soprattutto dalla mancanza del personale, dai turni eccessivamente lunghi e dagli eccessivi carichi di lavoro. Depressione, dipendenza da alcool e suicidio sono le conseguenze più frequenti del burnout. Pertanto, al fine di proteggere i diritti di medici e di operatori sanitari, il pool legale Consulcesi ha messo a disposizione degli utenti uno sportello di consulenza legale. Il servizio è completamente gratuito; offre una valutazione medico – legale per chiarire i dubbi e soddisfare le domande degli operatori sanitari, che hanno sospetto di essere vittime di burnout e vogliono vedere riconosciuti i propri diritti. Consulcesi, allora, ha istituito un numero verde, 800.122.777, anche se le domande possono essere inoltrate attraverso il sito www.consulcesi.it. Il burnout si manifesta più frequentemente nei professionisti che lavorano nel campo delle “helping profession”, le cosiddette professioni di aiuto, in modo particolare medici, personale sanitario, insegnanti, avvocati e poliziotti. Depersonalizzazione, stanchezza cronica, cinismo, sensazione di perdita di senso nei confronti del proprio lavoro sono i primi campanelli di allarme, che indicano i primi esordi della sindrome del burnout. Riconoscere e segnalare  la sindrome da burnout e le sue conseguenze diventa fondamentale per poter prendere coscienza della propria situazione, agendo poi per via legale. La sindrome da burnout è causata principalmente da tre fattori scatenanti: 1. Orari troppo prolungati e carichi di lavoro eccessivamente gravosi: giornate di lavoro lunghe e troppo lavoro, soprattutto nel corso della notte, hanno come conseguenze risultati cognitivi, paragonabili a quelle ottenute con un tasso alcolemico pari allo 0,4 – 0,5%. Aumenta il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, un peggioramento delle prestazioni cognitive ed un incremento del rischio clinico. Il 34% dei medici ha affermato che lavorare per lunghe ore è insostenibile; 2. Scarso ricambio tra il personale: l’aumento dei reparti e l’incremento del numero di pazienti da gestire per carenze del personale, uniti alle inefficienze nella coordinazione e gestione dell’intero sistema, portano i professionisti a dover sopportare un eccessivo carico di stress; 3. Aumento degli incarichi burocratici: il medico ha sempre più compiti da gestire, che vanno oltre la presa in carico dei pazienti. Le pratiche burocratiche assorbono molte energie e tempo degli operatori sanitari. Il 59% dei medici vede in modo negativo l’espletamento e l’incremento delle pratiche amministrative da dover portare avanti; 4. Aspettative di salute: i pazienti nutrono aspettative spesso esagerate ed esasperate, incoraggiate dalle false informazioni reperite sul web. Le denunce a carico dei medici per eventuali casi di malasanità sono in costante aumento. Il fenomeno costringe il medico a mettere in atto pratiche di medicina legale, che hanno conseguenze importanti sul corretto e sereno svolgimento della sua attività professionale.