Cassazione: tutela spetta al datore di lavoro, sia pubblico che privato
Solo nell’ultimo anno il 50% tra medici e operatori sanitari hanno subito aggressioni, il 4% è stato vittima di violenza fisica. Stando a un’indagine della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (Fnomceo), più del 56% di chi ha subito violenza ritiene che l’aggressione poteva essere prevista. Tuttavia il 78% degli intervistati non sa se esistano procedure aziendali per prevenire o gestire gli atti di violenza.
Consulcesi & Partners, il network legale che tutela i diritti degli operatori sanitari, interviene per rendere nota una sentenza della Cassazione, la 14556/17, sul caso di un infermiere aggredito mentre prestava servizio al Pronto soccorso. Il lavoratore aveva chiesto la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno biologico, morale e professionale e i supremi giudici hanno sancito che proprio al datore di lavoro spetta “l’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi dell’evento medesimo”.
“Al fianco delle iniziative penali e civili, che di regola vedono imputato solo l’aggressore – spiega Consulcesi & Partners – la giurisprudenza ha delineato quindi la possibilità di individuare una responsabilità concreta proprio a carico del datore di lavoro pubblico o privato che, non garantendo l’incolumità del lavoratore, concorre a generare situazioni che agevolano fenomeni di aggressione da parte di pazienti o dei loro familiari”.