CORONAVIRUS: ANNULLATA LA MARATONA DI ROMA. DA C&P CONSIGLI SU COME OTTENERE IL RIMBORSO VIAGGI

 Coronavirus, annullata la Maratona di Roma 2020. La corsa era prevista per il prossimo 29 marzo. Ma non solo. Sono tanti i voli aerei cancellati, pacchetti viaggio prenotati tempo fa dei quali non si hanno informazioni certe…in queste ore in cui molte attività del Paese sono state annullate a causa delle disposizioni particolarmente restrittive inserite nell’ultimo decreto governativo, sono tanti i cittadini in panne per il rischio di perdere i propri soldi spesi per l’acquisto di voli, treni, weekend fuoriporta e manifestazioni varie. 

Il network di tutela legale Consulcesi & Partners sta gestendo in questi giorni molte richieste di informazione di cittadini disorientati e per venire incontro alle numerose richieste ha stilato una prima serie di consigli utili.  

CHI PUO’ CHIEDERE IL RIMBORSO

Con la recente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (vd. art. 28 D.L. n. 9/2020), il Governo ha introdotto una serie di misure urgenti a favore di coloro che hanno acquistato biglietti e pacchetti viaggio, sia privatamente che con agenzie di viaggio, di cui non hanno potuto fruire per lo stato emergenziale dovuto al Coronavirus, oggi meglio descritti dall’ultimo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. 

Possono richiedere il rimborso del costo sostenuto:

1)  coloro che sono stati posti in quarantena o, comunque, risultino residenti o domiciliati nei Comuni rientranti nella “zona rossa” (all. 1 DPCM del 1/03/2020) o comunque soggetta a limitazioni;

2) coloro, sia privati che aziende, che hanno programmato qualsiasi tipologia di viaggio o trasferta, con partenza od arrivo nelle aree soggette a limitazioni;

3) coloro che, avendo prenotato viaggi o trasferte per partecipare a concorsi, eventi o manifestazioni di qualsiasi natura, hanno verificato l’annullamento degli stessi con provvedimento assunto dalle autorità competenti;

4) coloro che, avendo acquistato in Italia titolo di viaggio per destinazioni all’estero, abbiano verificato che lo sbarco in queste aree sia stato vietato con provvedimento assunto dalle autorità locali a causa dell’epidemia in corso.

Qualora, invece, non vi sia un provvedimento in tal senso, troveranno comunque applicazione le regole ordinarie previste in materia di tutele in caso di annullamento dei viaggi e/o dei pacchetti turistici.

COME CHIEDERE IL RIMBORSO

Se si verificano le condizioni previste, il cittadino dovrà inoltrare una comunicazione all’agenzia di viaggi o alla compagnia area, in cui richiede il rimborso del costo sostenuto, allegando copia del titolo di viaggio e, qualora si tratti di un evento annullato, quanto ne certifichi la prevista partecipazione.

Questa comunicazione deve essere presentata entro 30 giorni:

  • dalla cessazione del divieto imposto (quarantena, limitazione, ecc.);
  • dall’annullamento, sospensione o rinvio dell’evento programmato;
  • dalla data prevista per la partenza verso un paese in cui è stato imposto un divieto di ingresso.

Entro i successivi 15 giorni dall’effettiva ricezione della richiesta, il destinatario della domanda deve provvedere al rimborso della somma erogata, oppure all’emissione di un voucher di pari importo, che dovrà essere utilizzato entro un anno dall’emissione.

Identiche misure sono previste per coloro che, per le stesse ragioni di cui sopra, dovessero rinunciare ad un pacchetto turistico.

In questi casi, gli utenti potranno esercitare legittimamente il diritto di recesso, chiedendo la restituzione del prezzo già corrisposto, con facoltà per l’organizzatore di procedere al rimborso, offrire un pacchetto sostitutivo di pari o maggiore valore o, in alternativa, emettere un voucher annuale di pari importo. 
Per ricevere ulteriori informazioni scrivere a [email protected] o telefonare al numero verde 800.122.777.

Malattie cardiache, il burnout riconosciuto come fattore di rischio. E Consulcesi attiva uno sportello gratuito per consulenze legali

Arriva il riconoscimento anche in sede legale per le vittime del “burnout”, malessere sempre più diffuso e causato dallo stress per un eccessivo carico di lavoro. Dall’organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è giunta la conferma: la sindrome del burnout colpisce in misura maggiore le figure professionali impegnate nelle “helping profession”, con un’incidenza crescente tra i medici e gli operatori professionali. Secondo i dati forniti dallo European General Practice Research Network, i medici italiani (9 su 10, stando alle statistiche) sono le vittime principali della sindrome del burnout. A confermare i numeri dell’OMS, arriva una ricerca americana portata avanti dallo European Society of Calrdiology (Esc), che ha studiato 11000 soggetti sottoposti al rischio della sindrome per 25 anni. Lo studio ha evidenziato una correlazione tra il burnout e le malattie del cuore, per cui esiste il 20% di rischio di sviluppare la fibrillazione atriale. La ricerca ha messo in luce che il burnout provoca anche alterazioni del ritmo cardiaco, causando aritmie, ictus, infarti, il più delle volte con conseguenze mortali per le vittime. 

Il malessere da burnout può avere effetti anche sulla psiche dell’individuo, oltre che sul fisico. Il pool legale Consulcesi, da molto tempo punto di riferimento per le risorse umane impegnate nel settore medico e sanitario, mostra il suo compiacimento per il riconoscimento della sindrome di burnout in sede legale: “Questo è un risultato molto importante, che apre le porte a nuove iniziative giudiziarie e alla possibilità di ottenere il risarcimento del danno, qualora sia comprovato un nesso causale tra la sindrome del burnout e le sue conseguenze e una condotta datoriale in violazione dei precetti previsti per la sicurezza in ambito lavorativo”. Le recenti pronunce che hanno portato alle sentenze 1452/2018 e 597/2019 hanno fornito risultati incoraggianti e consentito ai lavoratori di ottenere il riconoscimento per il danno subito da eccessivo stress sul lavoro. Le sentenze, infatti, hanno anche evidenziato le responsabilità dei datori di lavoro, come una delle cause scatenanti del malessere da stress lavorativo. La sindrome del burnout è causata soprattutto dalla mancanza del personale, dai turni eccessivamente lunghi e dagli eccessivi carichi di lavoro. Depressione, dipendenza da alcool e suicidio sono le conseguenze più frequenti del burnout. Pertanto, al fine di proteggere i diritti di medici e di operatori sanitari, il pool legale Consulcesi ha messo a disposizione degli utenti uno sportello di consulenza legale. Il servizio è completamente gratuito; offre una valutazione medico – legale per chiarire i dubbi e soddisfare le domande degli operatori sanitari, che hanno sospetto di essere vittime di burnout e vogliono vedere riconosciuti i propri diritti. Consulcesi, allora, ha istituito un numero verde, 800.122.777, anche se le domande possono essere inoltrate attraverso il sito www.consulcesi.it. Il burnout si manifesta più frequentemente nei professionisti che lavorano nel campo delle “helping profession”, le cosiddette professioni di aiuto, in modo particolare medici, personale sanitario, insegnanti, avvocati e poliziotti. Depersonalizzazione, stanchezza cronica, cinismo, sensazione di perdita di senso nei confronti del proprio lavoro sono i primi campanelli di allarme, che indicano i primi esordi della sindrome del burnout. Riconoscere e segnalare  la sindrome da burnout e le sue conseguenze diventa fondamentale per poter prendere coscienza della propria situazione, agendo poi per via legale. La sindrome da burnout è causata principalmente da tre fattori scatenanti: 1. Orari troppo prolungati e carichi di lavoro eccessivamente gravosi: giornate di lavoro lunghe e troppo lavoro, soprattutto nel corso della notte, hanno come conseguenze risultati cognitivi, paragonabili a quelle ottenute con un tasso alcolemico pari allo 0,4 – 0,5%. Aumenta il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, un peggioramento delle prestazioni cognitive ed un incremento del rischio clinico. Il 34% dei medici ha affermato che lavorare per lunghe ore è insostenibile; 2. Scarso ricambio tra il personale: l’aumento dei reparti e l’incremento del numero di pazienti da gestire per carenze del personale, uniti alle inefficienze nella coordinazione e gestione dell’intero sistema, portano i professionisti a dover sopportare un eccessivo carico di stress; 3. Aumento degli incarichi burocratici: il medico ha sempre più compiti da gestire, che vanno oltre la presa in carico dei pazienti. Le pratiche burocratiche assorbono molte energie e tempo degli operatori sanitari. Il 59% dei medici vede in modo negativo l’espletamento e l’incremento delle pratiche amministrative da dover portare avanti; 4. Aspettative di salute: i pazienti nutrono aspettative spesso esagerate ed esasperate, incoraggiate dalle false informazioni reperite sul web. Le denunce a carico dei medici per eventuali casi di malasanità sono in costante aumento. Il fenomeno costringe il medico a mettere in atto pratiche di medicina legale, che hanno conseguenze importanti sul corretto e sereno svolgimento della sua attività professionale.

Consulcesi sostiene le vittime della sindrome da burnout

Le vittime della sindrome del “burnout”, sempre più diffusa e causata dallo stress lavorativo, possono ricevere un riconoscimento della malattia in sede legale. L’organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha accertato come la sindrome del burnout colpisca in misura maggiore le risorse umane impegnate nelle “helping profession”, con un’incidenza crescente nei medici e negli operatori professionali. Stando ai dati diffusi dallo European General Practice Research Network sono i medici italiani le vittime principali della sindrome del burnout, con una statistica che parla di 9 medici su 10. Inoltre, una ricerca americana portata avanti dallo European Society of Calrdiology (Esc) ha studiato 11000 soggetti sottoposti al rischio della sindrome per 25 anni. Dallo studio è emerso come sia verificata una correlazione tra il burnout e le malattie del cuore, con un 20% di rischio di sviluppare la fibrillazione atriale. Dalla ricerca è stato possibile evincere che il burnout provoca anche disturbi del ritmo cardiaco, quali aritmie, ictus, infarti, il più delle volte con conseguenze mortali per le vittime. La sindrome da stress per un eccessivo prolungamento dell’attività lavorativa può avere effetti anche sulla psiche dell’individuo, oltre che sul fisico. L’équipe legale Consulcesi, da sempre al fianco del personale medico e sanitario, mostra la sua soddisfazione per il conseguimento di questo nuovo traguardo: “Questo è un risultato molto importante, che apre le porte a nuove iniziative giudiziarie e alla possibilità di ottenere il risarcimento del danno qualora sia comprovato un nesso causale tra la sindrome del burnout e le sue conseguenze e una condotta datoriale in violazione dei precetti previsti per la sicurezza in ambito lavorativo”. Le sentenze numero 1452/2018 e 597/2019, da poco emesse, hanno già dato risultati e hanno permesso ai lavoratori di ottenere il riconoscimento per il danno subito da eccessivo stress sul lavoro con responsabilità importanti per i datori di lavoro. La sindrome del burnout è causata principalmente da mancanza del personale, turni eccessivamente lunghi, carichi di lavoro pesanti. La sindrome del burnout ha portato le vittime a subire la depressione, ad intraprendere la strada dell’alcolismo fino al suicidio. Al fine di vedere tutelati i propri diritti, l’équipe legale Consulcesi ha messo a disposizione degli utenti uno sportello di consulenza legale. Si tratta di un servizio gratuito; offre una valutazione medico – legale per chiarire i dubbi e soddisfare le richieste degli operatori sanitari, che hanno sospetto di essere vittime di burnout e vogliono vedere riconosciute le proprie istanze. A tal proposito, è stato istituito un numero verde, 800.122.777, ma le richieste possono essere inoltrate anche presso il sito www.consulcesi.it. La sindrome del burnout è più frequente nelle risorse umane che lavorano nel campo delle “helping profession”, le cosiddette professioni di aiuto, in modo particolare medici, personale sanitario, insegnanti, avvocati e poliziotti. I primi sintomi della malattia del burnout sono la depersonalizzazione, la stanchezza cronica, cinismo, e sensazione di perdita di senso nei confronti del proprio lavoro. Riconoscere e segnalare  la sindrome da burnout e le sue conseguenze diventa fondamentale per poter prendere coscienza della propria situazione, agendo poi per via legale. La sindrome da burnout è causata principalmente da tre fattori importanti: 1. Orari insostenibili e carichi di lavoro estremamente pesanti: giornate di lavoro lunghe e troppo lavoro, soprattutto nel corso della notte, comportano risultati cognitivi, paragonabili a quelle ottenute con un tasso alcolemico pari allo 0,4 – 0,5%. Si è registrato un incremento del rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, un peggioramento delle prestazioni cognitive ed un aumento del rischio clinico. Il 34% dei medici ha rilevato come lavorare per lunghe ore sia divenuto insostenibile; 2. Scarso ricambio tra il personale: l’aumento dei reparti e l’incremento del numero di pazienti da gestire per carenze del personale, uniti alle inefficienze nella coordinazione e gestione dell’intero sistema, portano elevati carichi di stress alle risorse umane coinvolte; 3. Incremento degli incarichi burocratici: il medico ha sempre più compiti da gestire, che vanno oltre la presa in carico dei pazienti. Le pratiche burocratiche assorbono molte energie e tempo degli operatori sanitari. Il 59% dei medici considera in modo negativo l’espletamento e l’incremento delle pratiche amministrative da dover portare avanti; 4. Aspettative di salute: i pazienti nutrono aspettative spesso esagerate ed esasperate, incoraggiate dalle false informazioni reperite sul web. Con l’aumentare delle denunce a carico dei medici per eventuali casi di malasanità, costringono il medico a mettere in atto pratiche di medicina legale, che hanno conseguenze importanti sul corretto e sereno espletamento della sua attività professionale.

Allarme aggressioni negli ospedali: Consulcesi lancia iniziative importanti per dire stop alla violenza

Emergenza aggressioni tra le corsie ospedaliere. L’anno 2020 si è aperto con altre due aggressioni in poche ore ai medici e al personale sanitario. Gli episodi si sono verificati nelle zone del napoletano. Il primo attacco violento si è registrato poco dopo la mezzanotte quando, nel quartiere di Barra, un petardo è stato scagliato verso un’ambulanza. Il secondo avvenimento si è verificato presso il nosocomio “San Giovanni Bosco”, dove una dottoressa è stata assalita con una bottigliata sul viso. Si presume l’aggressore fosse un paziente con problemi psichiatrici. Questi due nuovi episodi si sommano ai casi che, ogni anno, coinvolgono migliaia tra medici e personale sanitario, vittime di aggressioni fisiche o verbali da parte di pazienti o parenti. Molti casi non vengono denunciati e i numeri non restituiscono pienamente le cifre reali del fenomeno. Stando ai dati riportati dall’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Omceo), nel 2019 i casi di violenza su medici e operatori sanitari sono stati 1200, con una media di 3 aggressioni quotidiane. Il sindacato dei medici dirigenti Anaaao Assomed riferisce che i casi di violenza fisica e verbale riguardano 7 medici su 10, per un totale del 66%. Sempre Anaao Assomed aggiunge che, su questo 66%, due casi su tre hanno riguardato un episodio di aggressione verbale, il resto ha subito violenza fisica. I reparti più esposti ad episodi di violenza sono il pronto soccorso e la psichiatria. Le aree più toccate dagli episodi di violenza e aggressione nei confronti di medici e personale sanitario sono il Sud, con il 72% dei casi, e le Isole, con 80% degli episodi denunciati, soprattutto tra il personale del pronto soccorso. Consulcesi, pool legale e sostegno per oltre 100000 tra medici e personale sanitario, da oltre un anno ha lanciato “ telefono rosso”. Si tratta di un servizio gratuito che Consulcesi ha messo a disposizione di medici e sanitari vittime di aggressione, al fine di assicurare una protezione dal punto di vista legale e un sostegno psicologico. A proposito delle cifre sulle aggressioni, Massimo Tortorella, presidente di Consulcesi, afferma: “I numeri sono molti di più. Buona parte dei medici, come ci rivelano le oltre 200 segnalazioni del telefono rosso, non denunciano per vergogna, rassegnazione o timore di ulteriori soprusi”. Massimo Tortorella, presidente di Consulcesi, sottolinea come i casi di violenza riguardino tutti i ruoli all’interno dell’organigramma ospedaliero, poiché sono vittime di aggressioni “diverse categorie lavorative, dalle ostetriche ai chirurghi”. Quotidianamente il personale medico è bersaglio di aggressioni fisiche o accuse verbali, che contribuiscono a creare un’atmosfera di insofferenza nei confronti di questa particolare categoria professionale. Medici di pronto soccorso, negli studi privati e operatori sanitari subiscono attacchi continui e sono vittime di denunce che, nel 90% dei casi, si risolvono nel nulla. Le denunce attivano, però, procedimenti nel settore della medicina difensiva, con conseguenze economiche di rilievo per le casse pubbliche. Gli episodi hanno un riverbero sulle associazioni dei consumatori, preoccupati per il livello di formazione di cui gli operatori sanitari sono in possesso. Si tratta di una serie di eventi che rischia di incrinare e annientare la relazione di fiducia tra il personale medico ed il paziente. Il perpetuarsi di episodi di aggressioni fisiche e verbali nei confronti del personale sanitario deve rappresentare un monito e deve spingere alla messa in atto di adeguati progetti di prevenzione e protezione. Gli attacchi di violenza rischiano di avere conseguenze psicologiche sul personale sanitario, che fa registrare un numero sempre più importante di burn – out, e sui pazienti. Questi ultimi, infatti, rischiano di vedere rovinata la relazione professionale e di fiducia con il personale medico e sanitario. Gli episodi di aggressioni non possono essere scongiurati né evitati, ma è fondamentale fare attività di prevenzione, al fine di prevederne l’accadimento. Un iter di formazione potrebbe essere la migliore soluzione per tornare ad un livello di normalità e ristabilire una relazione di fiducia tra medico e paziente. A tal proposito, interviene ancora il supporto di Consulcesi e del suo Presidente, Massimo Tortorella che sottolinea: “Il 10% dei nostri corsi di formazione rivolta ai medici è dedicato al miglioramento del rapporto medico paziente attraverso l’acquisizione di strumenti di comunicazione efficace per superare conflitti e criticità che possono generarsi dalla pratica della professione medico sanitaria”. Sulla scia di queste affermazione, proprio Consulcesi offre tra le iniziative per l’anno 2020 un’esperienza formativa sulla difesa dalle aggressioni sul luogo di lavoro. Consulcesi, poi, da sempre impegnato nella tutela dei medici e del personale sanitario, un anno fa ha promosso una petizione su Change.org. Quest’ultima ha come obiettivo fermare i sentimenti di violenza ed odio che potrebbero nascere tra medico e paziente e incoraggiare la formazione del Tribunale della Salute. L’iniziativa del Tribunale lanciata da Consulcesi ha come obiettivo fornire un luogo di conciliazione tra le parti in conflitto, dove promuovere  il dialogo costruttivo e un pacifico raffronto. Oltre 21.140 persone hanno già aderito alla petizione. Il link per firmare e sostenere la petizione è il seguente: https://www.change.org/p/subito-il-tribunale-della-salute-basta-contrapposizioni-tra-medici-e-pazienti

Allarme aggressioni sanitarie

Allarme aggressioni sanitarie, altri due casi in poche ore nel 2020. Tortorella, Consulcesi: “Più valore alla comunicazione tra medico e paziente per ridurre l’odio in corsia”. Consulcesi rilancia la petizione #bastaodiomedicopaziente con oltre 20mila firme.

Il nuovo anno si apre con altre due aggressioni ai medici e personale sanitario. Il primo episodio a pochi minuti dallo scoccare della mezzanotte, con l’esplosione di un petardo lanciato verso un’ambulanza nel quartiere di Barra, nel napoletano. Il secondo, a distanza di poche ore, riguarda una dottoressa dell’ospedale «San Giovanni Bosco» aggredita con una bottigliata sul volto forse da un paziente psichiatrico. 

Sono migliaia, ogni anno, gli operatori sanitari che vengono aggrediti verbalmente o fisicamente da pazienti o dai loro familiari, un fenomeno eclatante che non ha numeri precisi. Secondo l’Omceo sono 1200 aggressioni segnalate nel 2019, tre episodi di violenza al giorno. Il sindacato dei medici dirigenti Anaao Assomed parla di un fenomeno che colpisce il 66% dei medici, ovvero quasi 7 su 10, Di questi, oltre due su tre sono stati aggrediti verbalmente, mentre la restante parte fisicamente. Le aree più a rischio sono la psichiatria e il pronto soccorso, ed i pericoli maggiori si corrono nel Mezzogiorno: arriva infatti al 72% nel Sud e nelle Isole il numero di medici che denuncia aggressioni, e sale all’80% tra chi, di loro, lavora nei pronto soccorso.

“I numeri sono molti di più – commenta Massimo Tortorella, presidente Consulcesi realtà di riferimento legale per oltre 100mila medici e operatori sanitari che ha attivato da oltre un anno il telefono rosso, un servizio gratuito di tutela legale e supporto psicologico –  buona parte dei medici, come ci rivelano le oltre 200 segnalazioni del telefono rosso, non denunciano, per vergogna, rassegnazione o timore di ulteriori soprusi. Il fenomeno appare ormai esteso a tutti i tipi di lavoro sanitario e non sembra riconoscere significative differenze di ruolo, tanto che vengono aggrediti lavoratori di diverse categorie lavorative, dalle ostetriche ai chirurghi.” Conclude Tortorella.

Il fenomeno della violenza in corsia

Ogni giorno troppi medici sono vittime di aggressioni o costretti a difendersi dalle accuse che spesso si risolvono in un nulla di fatto. Un clima di intolleranza che ha preso di mira in particolar modo il mondo medico sanitario con un escalation di aggressioni nei pronto soccorso e negli studi privati, susseguirsi di denunce (molto spesso pretestuose, tant’è che nel 90% dei casi circa finisce in un nulla di fatto) nei confronti degli operatori, con conseguente aumento del ricorso alla medicina difensiva (e relativi costi eccessivi per le casse pubbliche), preoccupazione da parte delle associazioni di consumatori per il livello di formazione del personale sanitario. Tutto questo rischia di distruggere definitivamente il rapporto medico-paziente 

La comunicazione è la prima forma di prevenzione

Gli atti di violenza a danno degli operatori sanitari costituiscono eventi sentinella che richiedono la messa in atto di opportune iniziative di prevenzione e protezione. Le aggressioni sono un problema importante per le ricadute soprattutto psicologiche che possono avere sugli operatori (burn-out) e sui pazienti (compromissione delle relazioni terapeutiche). É bene precisare che gli incidenti violenti non sono degli eventi inevitabili ma è possibile e doveroso prevederli e prevenirli. Il miglior antidoto per stemperare le tensioni e recuperare il rapporto fiduciario tra medico e paziente, è senza dubbio un solido percorso formativo. “Il 10% dei nostri corsi di formazione rivolta ai medici è dedicato al miglioramento del rapporto medico paziente attraverso l’acquisizione di strumenti di comunicazione efficace per superare conflitti e criticità che possono generarsi dalla pratica della professione medico sanitaria” aggiunge Tortorella. Tra le novità per il 2020 il corso Ecm per difendersi dalle aggressioni nei luoghi di lavoro. https://www.corsi-ecm-fad.it/catalogo-corsi/sicurezza/corso-ecm-rischio-aggressione-nei-luoghi-di-lavoro-ed2019/862

Petizione su Change.org

Consulcesi, in prima linea nella tutela dei camici bianchi e accanto ai pazienti che a loro si rivolgono, ha lanciato 11 mesi fa una petizione su Change.org per dire basta all’odio tra medico e paziente e promuovere la creazione del Tribunale della Salute: un vero e proprio luogo di confronto, e non di contrapposizione, tra medici e pazienti. Ad oggi hanno già firmato 21.140 persone.  https://www.change.org/p/subito-il-tribunale-della-salute-basta-contrapposizioni-tra-medici-e-pazienti 

Cassazione conferma l’interpretazione del pool Consulcesi: obbligo di retribuzione anche per ex medici specializzandi iscritti prima del 1982. Sezioni Unite per la decisione finale

Il pool legale Consulcesi vede confermata la propria interpretazione estesa riguardo alla questione dei medici specialisti, privati dallo Stato dell’adeguata retribuzione economica negli anni 1979 – 1981. Si è verificata una violazione delle direttive UE in materia. La Corte di Cassazione ha deciso per una revisione del criterio temporale che caratterizza la sentenza della Corte di Giustizia Europea ed emessa il 24 gennaio 2018, in riferimento al rimborso economico spettante ai medici. La Sezione Lavoro della Cassazione ha emesso l’Ordinanza 821/2020, rinviando la questione al Primo Presidente della Cassazione, che deciderà di trasferirla presso le Sezioni Unite. L’equipe legale Consulcesi ha avanzato un ricorso sulla base dei due indirizzi, che si erano originati il 24 gennaio 2018, a seguito della sentenza della Corte di Giustizia Europea. La prima posizione restringeva il riconoscimento del diritto agli iscritti nel 1982, la seconda lo estendeva a chi aveva effettuato la registrazione anche in anni precedenti. 

Vista l’incertezza tra i due orientamenti, la questione è passata alla Sezioni Unite della Cassazione, che aveva riconosciuto l’obbligo risarcitorio nei confronti degli iscritti dal 1° gennaio 1983. A seguito della pronuncia della Corte di Giustizia Europea, la Corte di Cassazione ha ritenuto necessario approfondire la questione e rimetterla alla competenza delle Sezioni Unite: 1. Perché l’istanza era stata sollevata dai medici specializzandi, iscrittisi tra il 1982 e il 1983; 2. Perché si concretizzava un contrasto tra la decisione di escludere dal risarcimento tutti gli specializzandi immatricolatisi prima del 1982 con il principio che afferma come la legge introdotta disciplini un rapporto giuridico in corso e, che seppur nato in un secondo momento, non ha esaurito il proprio effetto; 3. Perché c’è necessità di un’armonizzazione tra le diverse sentenze emesse, poiché la questione ha implicazioni sull’articolo 374 C.p.C; 4. Perché l’istanza è stata sollevata anche dal difensore dei medici specialisti, l’Avvocato Massimo Tortorella, consapevole che non c’è uniformità interpretativa, visti anche i due orientamenti che si sono generati. Le Sezioni Unite avranno il compito di stabilire l’arco temporale nel quale il risarcimento è stato riconosciuto ai medici specializzandi che si  sono immatricolati tra il 1982 e il 1983, valutando se il medesimo principio può essere riconosciuto anche agli iscritti prima del 1982. Massimo Tortorella, Presidente di Consulcesi, afferma che anche la Sezione Lavoro della Cassazione ha confermato l’interpretazione estesa, sostenuta dalla squadra di legali di Consulcesi, concludendo che “anche gli iscritti prima del 1982 hanno diritto al rimborso come da noi sempre sostenuto”. A questo punto, le Sezioni Unite dovranno stabilire l’arco temporale in cui far scattare il risarcimento obbligatorio nei confronti dei medici che hanno effettuato l’iscrizione fra il 1981 e 1982 e se applicare la norma anche ai medici immatricolatisi prima del 1982. Le azioni legali portate avanti dal pool legale Consulcesi hanno permesso il riconoscimento di oltre 500 milioni di euro a circa 110000 medici, che hanno acquisito la specializzazione tra il 1978 e il 2006. Si tratta di professionisti che non avevano ottenuto l’adeguato trattamenti economico, perché lo Stato italiano aveva applicato con molto ritardo le Direttive UE, che disciplinavano la materia. Massimo Tortorella, Presidente di Consulcesi, ha sostenuto che il Parlamento italiano deve svolgere la sua funzione in merito, trovando l’adeguata soluzione alla questione. Massimo Tortorella ha parlato di un dialogo continuo con le istituzioni dell’UE e dell’accordo condiviso nel chiudere la questione al più presto. Lo Stato e tutto il Sistema Salute otterrebbero vantaggi in termini di risparmio e queste risorse apporterebbero valore agli operatori sanitari e ai pazienti. Il Presidente di Consulcesi, Massimo Tortorella, incoraggia i medici a non abbandonare la risoluzione della questione, sostenendo ogni iniziativa in tema. 

Crediti ECM: chi non è in regola rischia denunce, carriera e credibilità

Anelli: invito chi non fosse riuscito a completare il percorso formativo necessario, a prendere le necessarie misure, approfittando anche dei sistemi di Formazione a distanza, in modo da evitare le relative sanzioni previste dalla legge e preannunciate dalla stessa Federazione 

Manca un mese alla scadenza del triennio ECM e il tema dell’aggiornamento è di stretta attualità in queste ultime ore, alimentato non solo dalle dichiarazioni dei vertici della sanità italiana ma anche dal mondo dei cittadini e dei pazienti che chiedono riscontro della formazione dei professionisti a cui dovranno affidare la loro salute. In particolare, l’Adiconsum, rivolgendosi direttamente al ministro Speranza, ha parlato di «buona formazione» come antidoto all’escalation di contenziosi dei pazienti nei confronti dei medici, aggiungendo che «è statisticamente provato che un professionista aggiornato è soggetto a minori richieste di risarcimento». 

Arrivano intanto gli appelli da numerosi Presidenti di Ordini a regolare la propria posizione. Da ultimo, tra questi, il Presidente dell’OMCeO Palermo Toti Amato che, rivolgendosi ai colleghi, ha scritto: «alla luce delle sollecitazioni del presidente della Fnomceo, Filippo Anelli, e delle ultime attenzioni sul tema diffuse attraverso la stampa dalle associazioni, in difesa dei pazienti, invito chi non fosse riuscito a completare il percorso formativo necessario, a prendere le necessarie misure, approfittando anche dei sistemi di Formazione a distanza, in modo da evitare le relative sanzioni previste dalla legge e preannunciate dalla stessa Federazione». Un richiamo che giunge dopo quello dei mesi scorsi del Presidente dell’OMCeO Roma, Antonio Magi e alle dichiarazioni registrate al “Forum Risk di Firenze” sia del ministro alla Salute Roberto Speranza («do un grande peso alla formazione continua in medicina e mi impegnerò da ministro a seguire un progetto di riforma di questo settore») sia dello stesso presidente FNOMCeo, Filippo Anelli. 

«Ad un mese dalla scadenza del triennio – commenta il Presidente di Consulcesi, Massimo Tortorella – è giustificata la forte attenzione su un tema che ha un grande valore etico, sociale ed anche economico come sa benissimo il ministro Speranza il cui ruolo è di garanzia e rappresentanza non solo degli operatori sanitari ma anche dei cittadini/pazienti e dei provider. Questi ultimi, insieme ai preziosi contenuti per tenere aggiornati i professionisti della sanità, producono anche un contributo al sistema formazione quantificato in almeno 16milioni di euro all’anno con un indotto di oltre 100mila lavoratori diretti e diverse migliaia indiretti». Tortorella evidenzia che la stragrande maggioranza dei medici rappresentati legalmente da Consulcesi, un terzo di quelli italiani, attribuisce un forte valore alla formazione continua ed è soprattutto nei loro confronti che il Sistema ECM deve dare prova di efficienza e virtuosità.

«Dopo la sospensione del medico di Aosta – prosegue Tortorella – l’aggiornamento professionale dei medici è diventato un tema centrale anche sui media. Come di recente affermato dal Presidente Cogeaps Sergio Bovenga sono già partite lettere di richiamo di strutture nei confronti di personale non in regola, istanze di accesso agli atti all’interno di contenziosi e penalizzazioni nei concorsi sempre legate al mancato aggiornamento professionale». 

Per questo Consulcesi lancia un appello agli operatori sanitari a mettersi in regola sfruttando, visti anche i tempi stretti, le potenzialità tecnologiche della Formazione a distanza per evitare di incorrere in provvedimenti che penalizzerebbero la carriera professionale e li screditerebbero nei confronti di pazienti sempre più attenti ed esigenti sul tema. 

Sanità, Consulcesi: “Copertura assicurativa a rischio per chi non è in regola con la formazione”

Possibile il diritto di rivalsa per alcune tipologie di polizze. Secondo gli ultimi dati un medico su due non si aggiorna 

Copertura assicurativa a rischio per il professionista nel caso in cui questi non abbia assolto i suoi obblighi di formazione. Il diritto di rivalsa, per alcune tipologie di polizza, può essere esercitato nei confronti dell’assicurato nel caso in cui l’esercente la professione sanitario non sia in regola con gli obblighi di formazione e aggiornamento. A spiegarlo è il presidente di Consulcesi Massimo Tortorella. 

La confederazione commenta così un servizio pubblicato da Panorama dal titolo “I medici ignoranti danneggiano anche te”, prendendo le distanze dai contenuti dell’articolo. “Va a soffiare su quel clima di odio che si respira tra le corsie degli Ospedali di tutta Italia (e non solo) – spiega Tortorella – come confermato dall’escalation di denunce e di aggressioni al centro anche degli ultimi casi di cronaca”. Tortorella spiega che da tempo è stata sollevata “la bomba dei crediti Ecm, l’avevamo anticipato in una lettera chiusa al ministro della Salute Roberto Speranza e agli ordini professionali. Ora, mi auguro che arrivi un chiaro messaggio di rispettare l’obbligo formativo di tutti i presidenti degli ordini in vista della scadenza del triennio il 31 dicembre 2019”. I dati riportati “confermano quanto già emerso negli ultimi mesi: quasi un medico su due non si aggiorna e la percentuale scende attorno al 30% quando si prendono in considerazione tutti gli operatori sanitari, ovvero 1 milione e 200mila professionisti. E il 60% di chi si forma è donna, mentre il 40% sono uomini”. Dall’articolo emergono altri due elementi: un conflitto di interesse dell’ordine professionale, ossia tra chi controlla e chi è controllato e inoltre un tentativo di sanatoria a favore dei medici che non rispettano l’obbligo. Nell’articolo viene prima messa in evidenza la stortura del sistema, raccontato così: “A decidere le sanzioni per i colleghi inadempienti sono paradossalmente gli stessi medici che dovrebbero essere sanzionati”. 

Torna Ebola: sintomi e come riconoscerla

I consigli di Paziente Zero

«Niente allarmismo, ma è importante che i medici italiani riconoscano la sintomatologia» Parla Fabrizio Pulvirenti, “paziente zero” e consulente del primo corso ECM FAD sul virus Ebola

On line anche “e-bola”, prima pellicola della collana dei Film Formazione, un nuovo modello diedutainment per aggiornarsi in maniera ancora più coinvolgente

«Febbre, diarrea, vomito e cefalea, ma anche un malessere generale, sono questi i primi sintomi dell’invasione da parte del virus Ebola di qualsiasi organo nel sistema umano». A parlare è l’infettivologo Fabrizio Pulvirenti, primo italiano a contrarre la malattia nel 2016, quando con Emergency era in Sierra Leone proprio per salvare le vite di chi aveva contratto quel virus. In seguito all’infezione, Pulvirenti venne trasferito in Italia e guarì grazie alle cure dell’eccellenza italiana “Lazzaro Spallanzani”.

Il virus Ebola da alcuni giorni è tornato a far preoccupare l’Organizzazione mondiale della Sanità che ha classificato la nuova epidemia in Congo come “emergenza di salute pubblica internazionale” di livello 3, misura che ha fatto scattare controlli serrati anche nell’aeroporto di Fiumicino sui voli provenienti dalla regione africana colpita.

«I rischi per l’Italia a mio avviso sono analoghi a quelli di quattro anni fa – spiega Pulvirenti –. Ovvero, se Ebola dovesse arrivare in Italia, arriverà con qualche operatore che si trasferisce in Congo per prestare assistenza e che occasionalmente può contagiarsi. È anche vero che i voli verso Roma da quella regione dell’Africa sono forse appena più frequenti rispetto a quelli del resto del continente, però i controlli ci sono e dubito, così come ha detto del resto anche il Ministero, che ci sia un’emergenza attuale, importante, da allertare il mondo».

Nessun allarmismo, dunque, ma è fondamentale non abbassare la guardia e avere gli strumenti necessari per riconoscere velocemente la malattia e saperla contrastare. Primo fra tutti, la formazione: «Chiaramente quanto più si conosce in medicina, tanto meglio è – sottolinea l’infettivologo –. È importante però avere le idee chiare su quello che si deve fare nel caso di sospetto: allertare le autorità preposte, i medici competenti e tutte quelle iniziative e strutture che servono a contenere un eventuale caso indice».

Proprio le modalità di prevenzione attraverso il riconoscimento della sintomatologia e la gestione del contagio sono alla base del primo corso italiano ECM totalmente dedicato al virus Ebola. Il corso FAD (Formazione a Distanza), curato da Consulcesi Club grazie anche alla collaborazione del dottor Pulvirenti, ha l’obiettivo di offrire al personale sanitario conoscenze per prevenire, differenziare le diagnosi e diagnosticare, sperimentare e indicare un’idonea terapia in tema di contagio da virus Ebola.

Collegato al corso anche il film formazione “E-bola”. La pellicola, prodotta dalla Falcon Production per Consulcesi e diretta dal regista Christian Marazziti, con la consulenza scientifica di medici e di strutture che hanno realmente fronteggiato il virus (come l’Istituto per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani”, l’Università “Sapienza” di Roma e il dottor Fabrizio Pulvirenti, il “paziente zero” in Italia di Ebola), è il primo film formativo all’interno del progetto FAD di Consulcesi Club per il personale sanitario.

La Formazione a Distanza rappresenta la modalità più efficace per non farsi trovare impreparati con l’imminente scadenza del triennio formativo obbligatorio: in particolare, negli anni il catalogo FAD
Consulcesi si è ampliato grazie ai Film Formazione, per un nuovo modello di edutainment e ad una collana di e-book con una serie di titoli d’interesse anche per i pazienti. È allo studio inoltre l’applicazione della
tecnologia Blockchain all’intero percorso formativo, in modo da renderlo certificato e trasparente.

Ufficio stampa Consulcesi [email protected] 328.4812859 – 346.0629338

Fake news are defeated forever: Consulcesi Tech has launched “survey Chain”

The hi-tech company specialising in Blockchain and Cybersecurity presented “Survey Chain” in Dubai. It is the first Blockchain-based survey demonstrating this technology can ensure inalterable and secure results.
According to partecipans, the Blockchain will above all impact on finance and healthcare Partnership between Consulcesi Tech and DigitalBliz, a group specialising in blockchain-related financial services, was announced at the summit

Thousands of experts in the Blockchain and Fintech fields have enthusiastically attended the presentation of the “Survey Chain” project, the first example of survey conducted worldwide through the Blockchain, a technology that can put an end to the “fake” surveys that in recent years have called into question the credibility of surveys.
This project has been developed by Consulcesi Tech, leading firm in Blockchain and Cybersecurity. It has impressed attendees of the second edition of “Future Blockchain Summit” in Dubai, the world’s largest Fintech conference. Here you can consult the survey’s results, according to which the Blockchain will above all impact on finance and healthcare: https://www.surveychain.tech/Home/Charts
The summit participants from all over the world found out that surveys may be certified by identifying the significant stages with a smartphone. The mechanism which is the basis of the project is transparent and
revolutionary. The public Ethereum Blockchain is inalterable and secure and ensures the storage of the answers in cloud storage with a unique signature recorded on Blockchain by making the results inalterable, with a firm date and always verifiable. This creates the opportunity for knowing the sample size of the surveys and the entire supply chain. The media can thus benefit from the release of transparent and certified documents. This model has already been used for a real time presentation in Italy and now has persuaded all the partecipants in Dubai, the great example of Smart City in the world. These days, the world is looking up to Europe breathlessly about the outcome of the ongoing negotiations regarding the Britain leaving the EU. The Brexit referendum is the best Use Case to explain the advantages offered by the “Survey Chain”. If it had been applied at the time of the vote, it would have revealed in advance the will of the voters who in June 2016 opted for the ‘leave’ rather than for the ‘remain’ predicted by almost all the pollsters.
«This is a new technological paradigm – Massimo Tortorella, president of Consulcesi Tech, says – which will noticeably improve the quality of the political debate. In the internet era, fake news, post truth and hate speech constitute a form of distortion considered to be socially dangerous but practically unavoidable. With Blockchain it is possible to go one step further in the democratization of information thanks to secure and immutable surveys in order to restore confidence to the voting citizens.»
Tortorella says that at the end of his speech «many participants have congratulated us for the disruptive potential of the “Survey Chain,” asking for more information regarding the several areas of application of the project. A widespread interest – he concludes – confirming our belief: Blockchain is here to stay.»
The partnership between Consulcesi Tech and DigitalBliz was announced during the event. DigitalBliz is a leading London-based company in Fintech, with subsidiaries in Dubai and Lugano.
DigitalBliz manufactures and markets a unique Blockchain-based Fintech product: DigitalBliz Deep4, geared towards Professional Traders, offers the widest range of information available on the market on the development of Cryptocurrencies and Security Tokens, to cross-reference global main Exchanges. You can buy it on digitalbliz.com/pricing. DigitalBliz deep4C, geared towards retail, is available free of charge on Apple Store and Google Play.The final product is a secure and reliable instrument led by a capillary Data Gathering system. It collects information updated every 15 seconds and developed with a system made by proprietary algorithms.